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Nel Febbraio 2001 un gruppo di tredici persone, legate da consolidata amicizia, decide di cimentarsi con una esperienza canora e di estenderla a tutti coloro che ne fossero interessati. Timidamente nasce il “Coro Moreschi” formato da 20 cantori che iniziano il loro percorso canoro sotto la direzione del Maestro Alessandro Borghi. Il primo anno è stato speso per individuare la giusta strada per una prosecuzione duratura configurata secondo il rispetto delle regole della Legge. Il 20 Febbraio 2002 si costituisce legalmente l’Associazione Culturale Alessandro Moreschi con sede in Via Campo Gillaro, 13 in Monte Compatri. Mi sembra doveroso iniziare questo libro dedicando le prime pagine ai soci Fondatori: trasferendo il loro credo morale nello Statuto e nel Regolamento interno hanno tracciato il percorso iniziale dando vita a questa meritevole iniziativa. La prosecuzione di questo percorso è affidata a tutti coloro che ne vorranno far parte.
Claudina Robbiati
Molti sono stati coloro che, nel corso di questi dieci anni, hanno dedicato il loro tempo con grande impegno e passione per consentire al Coro di tagliare traguardi che sembravano irraggiungibili. La passione profusa ha suscitato in ognuno sentimenti ed emozioni, evento strettamente personale e unico. Ma, in questo itinerario, si può individuare un elemento comune e legante: l’arte. È l’arte che ha provocato – e provoca costantemente – la narrazione interna del processo di percezione-emozione-creatività-azione. È l’arte che sintetizza efficacemente la forma e l’estetica attraverso le emozioni. Nel nostro caso, l’acquisizione culturale e l’emancipazione sociale, date dal lavoro di gruppo, consentono di sentirsi meno soli e promuove la realizzazione del progetto collettivo. È un processo che ha, per sua stessa natura, un valore educativo. In sostanza, l’arte indirizza, guida le nostre istintività, creandone di nuove socialmente, e guida anche le nostre emozioni e sentimenti.
In questo libro c’è la soria di tutti gli associati che hanno provato il ‘vento’ della musica, che si sono ‘autorizzati a viverla’ assumendo la convinzione che utilizzare al meglio la propria esperienza e cogliere le opportunità è meglio che rimpiangere ciò che avremmo potuto fare per noi stessi e per gli altri. Il risultato più importante e qualificante di questi dieci anni di attività non sta tanto nelle risorse gestite o nei singoli progetti realizzati, quanto piuttosto nell’aver creato un luogo di incontro e condivisione. Nell’attività coristica abbiamo imparato che nessuno poteva essere autosufficiente, ma che ognuno doveva collaborare e dare risposte ai bisogni generali. Questo lavoro è ormai patrimonio comune che rimarrà in ognuno di noi al di là dell’appartenenza all’associazione.
Armando Guidoni