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2004 5a Rassegna Coralità di Roma e del Lazio


5a Rassegna Coralità di Roma e del Lazio – 2004

Coro polifonico “Alessandro Moreschi”
Direttore Giuliana Gentili
11 giugno 2004
Testaccio – Roma
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Canzone popolare abruzzese nota in tutto il mondo anche per merito degli emigrati abruzzesi che l’hanno continuamente riproposta nel corso degli anni. Ascoltando la canzone, si va teneramente indietro, con il ricordo, ai tempi belli e spensierati della fanciullezza (lu tempe belle de la cundendezze). Di Albanese – Dommarco, Vola vola. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Attraverso questa canzone, il nostro coro vuole far rivivere nel pubblico, nella sua immaginazione, un momento particolare di una città di un tempo passato, la Roma che fu. È una serenata che veniva cantata sotto la finestra della donna amata. Un uomo innamorato, che ormai è “incatenato da mille catene”, chiede alla sua donna di affacciarsi alla finestra “in mezzo a li vasetti”. Di anonimo romano del XVIII secolo, A la finestra affaccete.

Tutti mi dicon: Maremma, Maremma / e a me mi pare una Maremma amara
Inizia così il triste e noto canto che è il lamento e il pianto, forse di una donna, che sente ormai prossima la partenza verso quella terra lontana in cerca di fortuna di una persona a lei familiarmente vicina e amata. Ma l’imminente abbandono è vissuto in modo tragico; c’è il peso brutale di una esperienza passata, ma ancora fresca nella memoria, che le incute la paura del non ritorno: la perdita di una persona cara. Ed ecco la maledizione per quella meta funesta, la Maremma, e per tutti coloro che in essa nutrono una speranza forte. Studi recenti attribuiscono questo celeberrimo brano a Beatrice Bugelli, poetessa pastora analfabeta, che con i suoi canti in ottava rima deliziò nel 1800 i salotti fiorentini. Armonizzato da G. Bonelli, La Maremma.

Salvata dal secolo precedente, è una delle tante melodie ascoltate, ballate e sicuramente anche canticchiate dai nostri nonni. Canzone a denominazione di origine controllata. L’autore della musica, D’Anzi, ha composto, tra l’altro, O mia bella Madunina e Non dimenticar le mie parole.
Di Bracchi-D’Anzi, Silenzioso slow. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Una vecchia canzone popolare romana. In antico dialetto romano, il paìno era un giovanotto vestito con ostentata ricercatezza, il gagà tutto attillato di vecchia memoria. In questo saltarello, un giovanotto del popolo è innamorato di una ragazza che, a sua volta, non disdegna le sue attenzioni pur frequentando un paìno. Per cui il giovanotto invita la ragazza a non avere esitazioni: se vuole amoreggiare con lui, deve lasciare er paìno.
Di anonimo del XIX secolo, Lassa er paino – salterello. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Ora vi proponiamo una tarantella napoletana di Posillipo. In questo canto di Anonimo dell’ottocento, la metafora erotico-sessuale è articolata in un gran numero di strofe i cui accostamenti all’eros di una squinternata napoletana sono alquanto espliciti. Un’esplosione di ritmo e di gioia per
un appuntamento con Cicerenella dedicato alla tradizione popolare.

“Quando anderemo fora, fora per la Valsugana” inizia una nota canzone popolare, uno fra i più famosi motivi del repertorio popolare alpino, musicata dal maestro L. Pigarelli e conosciuta in mezza Europa.

La ferrovia che attraversa la valle, costruita all’inizio del 19° secolo, ha alimentato numerose vicende umane che vedevano protagonisti i giovani operai, gli Aizimpoineri, e le ragazze locali in una ridda di corteggiamenti, tradimenti e struggimenti d’amore. Tutto ciò è arrivato ai giorni nostri solo grazie anche a questo canto popolare, fedele tradizione orale, che ne narra le vicende. Un’intera civiltà è raccolta nelle canzoni popolari. Forse per questo la gente trentina ama i suoi cori, li difende, li incita e si emoziona ad ascoltarli.
La Valsugana. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Ci sono canti di montagna così conosciuti da tutti che danno l’idea di essere “senza tempo”. Canti, provenienti dal sentimento popolare autentico, che sono diventati melodie del mondo, senza più patria, né provenienza, eseguiti da cori d’ogni latitudine e cantati sul Cervino, sul Fùjiyama, sul Kilimangiaro e sugli Urali.
A questo genere di canti senza tempo appartiene anche questo pezzo di rara suggestione, spesso scambiato per un vecchio canto della tradizione popolare, invece composto nel 1958 da Bepi De Marzi. Una piccola, grande preghiera in  note, titolata nel mondo con i nomi più strani: Dio del cielo; Madonnina delle nevi; Canto per un amico, il cui titolo vero è
Signore delle cime.

Nel giugno del 1821 questa canzone vinceva il primo premio al festival della canzone romana abbinato alla festa per la notte di San Giovanni. Un giovanotto innamorato, scherzando con la sua fidanzata, la paragona ad una strega e conclude dicendo che, se tutte le streghe fossero come lei, non ci sarebbe motivo di averne paura.
Di Ilari – Scalpelli, Le streghe. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Non è necessario passeggiare nelle vie e nelle piazze della città andalusa di Granada, tra le strette vie dei quartieri vecchi come l’Albayzìn, per comprendere l’essenza della musicalità e della poesia che è resa immortale dalle note di questa canzone, composta da un argentino e divenuta l’inno ufficiale della città e interpretata nel tempo dai più grandi cantanti di ogni nazionalità.
Di Agustin Lara, Granada. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Nata nel 1962 dalla penna della premiata ditta Garinei e Giovannini con le stupende musiche di Armando Trovajoli, ancora oggi non tradisce l’età. La commedia musicale “Rugantino”, da cui la canzone è tratta, ha un fascino che rimane integro ad accompagnare, commuovere, divertire, entusiasmare non solo i romani, ma tutto il pubblico italiano e straniero accorso ad applaudirlo. Si, straniero, perché nel 1963, fu il primo spettacolo a debuttare in america in lingua originale con i sottotitoli in inglese.
Di Garinei-Giovannini-Trovajoli, Roma nun fa la stupida stasera. Arrangiamento di Alessandro Borghi.

Questa canzone, scritta all’inizio del secolo scorso, è la canzone napoletana più conosciuta e la più cantata in tutto il mondo. Si conoscono numerosissime versioni in tutti i generi musicali. Dai cantanti lirici, ai jazzisti, al rock (una versione la cantò anche Elvis Presley).
Di DiCapua-Mazzucchi, ‘O sole mio.

Attraverso questa canzone, il nostro coro vuole far rivivere nel pubblico, nella sua immaginazione, un momento particolare di una città di un tempo passato, la Roma che fu. È una serenata che veniva cantata sotto la finestra della donna amata. In una “nottata d’amore e d’incanto”, l’innamorato chiede alla sua amata di essere ricambiato “canta er core nell’aria sto canto”.
Composta da Romolo Balzani, il più importante autore, cantante e uomo di spettacolo dell’intera storia della canzone romana, Sotto le stelle.

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